Una tragicommedia sulla crisi dei rapporti umani

Basato sull’opera teatrale “Il dio del massacro” della scrittrice francese Reza Yasmina, cui si è ispirato Roman Polański con l’omonimo film del 2011, “The Carnage – I Cannibali” è in scena al Teatro dell’Angelo fino a domenica 21 maggio in un’inedita trasposizione drammaturgica. Sul palco un cast d’eccezione, composto da Max Caprara e Stefano Ambrogi, protagonisti rispettivamente della fiction “Rocco Schiavone” e del film “Lo chiamavano Jeeg Robot”; da Antonella Alessandro, che presta la voce a Samantha di Sex and City, e Alessandra Muccioli, attrice nelle serie “Boris 3” e “La squadra”.

The carnage è una divertente tragicommedia in cui “la verità delle cose minaccia la loro consolante vuota autorappresentazione e i loro valori costruiti sul nulla”. Un invito a cena cela in realtà una “serata sfigata in cui la cena non c’è”, per cui se il cibo manca, saranno i commensali a trasformarsi da subito in feroci e cinici divoratori l’uno all’altro. Due coppie di vicini di casa provano a dialogare, ma non riescono proprio a farlo senza scontrarsi. Parlano infatti usando frasi stereotipate o raccontano cose senza senso, prive di qualsiasi mordente sulla realtà, del tipo: “All’estero è meglio, qui è un disastro”, perché comprendono in fondo che, paradossalmente, “se chiami le cose col loro nome la gente non ti capisce”. Perciò i quattro protagonisti preferiscono nascondere le proprie vite dietro discorsi oziosi, puntualmente interrotti, o domande lasciate cadere senza risposta. Essi sono tuttavia consapevoli che, dietro la futilità di determinate affermazioni, si celi un temibile horror vacui, quello dell’assenza di senso del proprio esistere, che emerge in tutta la sua dirompente forza, allorquando non ci sono più buone maniere e apparenze da salvaguardare. “Non siamo in grado di affrontare il più piccolo inciampo”, “Quello che più mi affligge è il senso di vuoto”, “Ci siamo divorati a vicenda. I nostri figli sono il nostro pasto quotidiano” sono allora sporadici barlumi di una presa di coscienza che si costruisce progressivamente fino alla consapevolezza di essere una “massa informe che costruisce sul nulla e fluttua sul vuoto”. Una volta estromesso Dio dalla propria esistenza, l’esasperazione di una simile consapevolezza raggiunge il culmine nell’assurda ‘divinizzazione’ di un criceto.

I cannibali è uno spettacolo godibilissimo nel quale si riesce a ridere di gusto anche sulla vacuità amara di certe relazioni umane, grazie soprattutto all’ottima prova interpretativa dei quattro protagonisti, i quali si destreggiano in un non facile cambio di toni, che oscilla amabilmente tra il serio e il faceto, in cui però l’anelito a una reale e autentica conoscenza del vicino, ossia dell’altro, del ‘prossimo’, rimane drammaticamente disatteso. Il sipario può allora chiudersi con un bel brindisi “al vuoto, al nulla e al niente”.

Fonte: FarodiRoma

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