«“In principio” Dio creò l’uomo a sua immagine, maschio e femmina li creò e li benedisse, perché fossero fecondi (cfr. Gen 1, 27-28), per cui l’Apostolo Paolo insegna che negare la differenza sessuale è la conseguenza della negazione del Creatore (Rom 1, 24-32)». Risponde così Papa Francesco al secondo dei cinque dubia avanzati dai cardinali Burke, Sarah, Zen, Brandmüller, Sandoval Íñiguez sulla «diffusa pratica della benedizione delle unioni con persone dello stesso sesso, che striderebbe con la Rivelazione e il Magistero (CCC 2357)». La domanda diretta dei prelati è la seguente: «Continua ad essere valido l’insegnamento sostenuto dal magistero ordinario universale, secondo cui ogni atto sessuale fuori del matrimonio, e in particolare gli atti omosessuali, costituisce un peccato oggettivamente grave contro la legge di Dio, indipendentemente dalle circostanze in cui si realizzi e dall’intenzione con cui si compia?».

Il pontefice sottolinea che «la Chiesa ha una concezione molto chiara del matrimonio: un’unione esclusiva, stabile e indissolubile tra un uomo e una donna, naturalmente aperta a generare figli. Solo a questa unione si può chiamare “matrimonio”». Per cui Papa Francesco precisa ulteriormente che «la Chiesa evita qualsiasi tipo di rito o sacramentale che possa contraddire questa convinzione e far intendere che si riconosca come matrimonio qualcosa che non lo è».

Nonostante questo va sottolineato, per completezza di cronaca, come la stessa risposta del Papa contenga anche la concezione di «prudenza pastorale» e «carità pastorale», – insidiosa nella misura in cui si ponga in posizione preminente rispetto alla verità oggettiva della Rivelazione confermata dal Magistero della Chiesa. Concetti che forse andavano chiariti meglio, poiché da ciò sembrerebbe che nulla impedisca una benedizione di persone con tendenze omoerotiche, purché questa sia da intendersi quale «richiesta di aiuto a Dio, una supplica per poter vivere meglio, una fiducia in un Padre che può aiutarci a vivere meglio».

Dunque se da un lato nella sua replica ai cardinali il Papa ribadisce la posizione della Chiesa sul matrimonio, dall’altra però non nega la possibilità di una benedizione concessa ad personam secondo il caso concreto. Per evitare fraintendimenti, o peggio pericolose derive dovute alle strumentalizzazioni ideologiche delle sue parole da parte delle lobby Lgbt, forse sarebbe necessario chiarire ulteriormente ed essere più espliciti. In sostanza, destinataria della benedizione divina dovrebbe essere sempre la persona, non un’unione oggettivamente disordinata. Come ha osservato nel merito acutamente Costanza Miriano, «si devono benedire tutte le persone. Non si possono benedire le azioni che fanno loro del male. Non si può dire che il male è bene, proprio perché si vuole il bene di quelle persone. “La benedizione è un aiuto che si chiede” dice la prima, parziale risposta ai Dubia. Ma ovviamente si aiutano le persone, non la loro decisione a permanere nel disordine».  

La Chiesa ha dunque il dovere, proprio in nome di un’autentica carità pastorale, di additare il disegno del Padre per la felicità (che poi è la santità!) di quanti vivono in maniera più o meno egosintonica la propria tendenza omoerotica, aiutandoli a ritrovare la vera radice del loro desiderio di amare ed essere amati. Si auspica pertanto che l’imminente Sinodo approfondisca proprio tali riflessioni nel solco della Tradizione e del Magistero della Chiesa alla luce della Rivelazione, mantenendo saldamente unite verità e carità, senza mai permettere che l’una prevalga sull’altra a detrimento di entrambe.

Fonte: ProVita e Famiglia

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