«Giù le mani dai bambini!» è il grido sofferto e non taciuto di un parroco di periferia contro una tragedia che si consuma drammaticamente nel silenzio e nell’indifferenza sociale: l’abuso dei minori. Un appello accorato raccolto da Roberto Mistretta nel libro-testimonianza Don Fortunato Di Noto. La mia battaglia in difesa dei bambini (Paoline 2021, pp. 200), che ripercorre la vita e le tappe dell’impegno costante e generoso di un sacerdote di Cristo contro pedofilia e pedopornografia nella fedeltà al Vangelo e che raccoglie anche alcune testimonianze di vittime di abusi, comprese quelle commesse nella Chiesa.

 «Grazie, sono libero, ma ora grida. Grida per me e per tutti gli altri bambini». Sono le parole di gratitudine per il sacerdote siciliano di Carlos, un bambino brasiliano che per due anni è stato segregato e ripetutamente abusato da una banda di pedofili. Le foto di quegli abusi venivano scambiate e vendute in Internet. Carlos è il primo innocente liberato dalla polizia nel corso di un’operazione scattata in seguito a una segnalazione partita dall’altra parte del mondo, da Avola, in provincia di Siracusa.

Piccoli indifesi violati nella dignità dalla pedopornografia, dalla circolazione di foto e video condivisi in rete per alimentare perversioni di orchi e orchesse per un business con cifre da capogiro in crescita che investe persino i neonati: nel solo 2020 sono stati individuati 14.521 link, 3.768.057 foto, 2.032.556 video e 456 chat. Oggi addirittura «succede anche di peggio: che i bambini diventino vittime due volte, del pedofilo e della società. Ricordo episodi in cui i bambini abusati sono stati allontanati, isolati, esiliati perché in qualche modo contaminati dal male. Esclusi dai giochi e dai parchi. Sarà questa la ragione per cui pochi denunciano e continuano a lavare i panni sporchi tra mura domestiche, magari gli stessi tuguri criminali dove si consuma il dolore silenzioso dell’innocenza. Ecco allora l’urgenza di accogliere chi bussa per essere salvato, accudito, guarito dalle profonde ferite di un abuso», afferma con forza il sacerdote di Avola.

 La sua vocazione affonda le radici negli orfanatrofi di Ragusa che Fortunato frequenta sin da ragazzino, spinto dal desiderio di mettere in pratica il Vangelo, mentre ringrazia per la gioia di nascere in una famiglia, dono precluso a tanti piccoli più sfortunati di lui. «Guardavo il Crocifisso e aspettavo di vedere chiaro in me». E così, dopo il diploma di ragioneria e il dovuto discernimento interiore, entra in seminario. Dalla sua infanzia affiora un ricordo traumatico, quello del maestro che strappa le basette agli alunni indisciplinati fino a farle sanguinare. Quel maestro vorrà don Fortunato al suo capezzale per riconciliarsi con Dio prima di morire. Da questa ferita interiore ne sarebbe scaturita presto una feritoia di grazie copiose per tanti innocenti indifesi.

Nel 1995 arriva ad Avola nella parrocchia della Madonna del Carmine, in un degradato quartiere periferico di seimila anime, che sarà il suo ovile per ventiquattro anni. Con un rogo simbolico sul sagrato della chiesa di riviste pornografiche invita la comunità alla custodita della purezza dello sguardo dei bambini.

Dopo la scoperta di diverse chat e immagini pedopornografiche in rete scattano le prime segnalazioni alle autorità competenti; quando ancora non esisteva la polizia postale, Don Fortunato Di Noto è il primo a porre il problema all’attenzione politica. Così nel 1998 l’Italia è il primo Paese a dotarsi di una legge che punisca con la reclusione chi detiene, commercia o ceda anche a titolo gratuito materiale pedopornografico. Ma i pedofili si riorganizzano, tentano di eludere i confini nazionali, istituiscono l’Alice Day per l’Orgoglio pedofilo il 25 aprile, allo scopo «di normalizzare i rapporti sessuali tra adulti e bambini, fino ad abolire i limiti di età in materia di rapporti sessuali». A questa iniziativa egli contrappone nella stessa data la Giornata Bambini Vittime della pedofilia.

Suscita poi tanto clamore mediatico un’indagine seguita dal procuratore di Torre Annunziata che conduce a numerosi arresti e scopre una rete con ramificazioni internazionali per un giro d’affari di «seicento milioni di dollari versati su conti della Western Union Bank di Mosca». L’operazione “Rescue” del 2011 scova una rete di settantamila adepti, porta all’arresto di 184 persone e, soprattutto, strappa 230 bambini dagli orchi, tra i quali un bambino siciliano abusato da un istruttore di calcio.

Don Fortunato prosegue con tenacia la sua missione, abbatte la coltre di silenzio e ha il coraggio di denunciare a voce alta le lobby dei pedofili che osano difendere questi atti ignobili. Tale grido, però, gli si ritorce paradossalmente contro dalle stesse istituzioni che avrebbero dovuto farlo proprio. Viene indagato, accusato perfino di detenere materiale pedopornografico e, naturalmente, ogni accusa si rivela del tutto infondata. Tuttavia egli non si perde d’animo, anzi procede con maggiore determinazione, incoraggiato dai frutti concreti di un’opera meritoria che può vantare «millecinquecento bambini salvati dalla schiavitù sessuale negli ultimi quindici anni».

«I bambini non si toccano» è il motto l’associazione Meter da lui fondata, nella quale lavorano tecnici informatici, psicologi e operatori sociali, che ha come logo una grande ‘M’, simbolo di un grembo che abbraccia, accoglie e proteggere ogni vittima attraverso un approccio globale che mira a coinvolgere in uno sguardo positivo le loro famiglie, affinché ogni bimbo possa riguadagnare l’autostima azzerata dalla violenza subita, nella consapevolezza che «un bambino amato non sarà mai abusato».

«Uno degli ultimi filmati mostrava un uomo e una donna che agghindavano bambine di un paio d’anni come se fossero minuscole prostitute» per soddisfare le perversioni di «gente disposta a spendere fortune per filmati orripilanti», per inondare gallery per turismo pedofilo, di cui abbonda il deep web, quel livello della rete che sembra assicurare l’anonimato ai carnefici.

Attraverso Meter don Fortunato Di Noto continua a combattere la pedofilia come un crimine, a sensibilizzare l’opinione pubblica sulla vastità del fenomeno e a supportare le vittime con il sostegno psicologico e spirituale necessario. Questo senza dimenticare le parole più dure di Gesù, quelle rivolte proprio verso quanti scandalizzano i più piccoli.

Fonte: La Nuova Bussola Quotidiana

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