Sono contro ogni ingiusta discriminazione. È giusto e doveroso che un ordina­mento giuridico punisca condotte violente o ingiu­stamente discriminatorie, e le leggi già in vigore nel nostro Paese puniscono ogni forma di minaccia, vio­lenza, aggressione, intimidazione, oltraggio, ingiu­ria e diffamazione a carico di chiunque, aggravando la pena se il fatto è commesso per motivi abbiet­ti quali quelli riconducibili alla discrimi­nazione per orientamento sessuale. Nella questione “omofobia”, la posta in gioco non è quella di fermare le discriminazioni. Per questo bastano già la Costituzione e il Codice penale. Qui l’obbiettivo è un altro: imporre per leg­ge un’ideologia, e imbavagliare con la minaccia della galera chiunque non la condivida». Apre così il suo Manuale di resistenza al pensiero unico (Giubilei Regnani Editore, 2022) l’ex senatore Simone Pillon, nel quale approfondisce le radici storiche e antropologiche sottese all’attuale egemonia culturale dell’ideologia gender, ne documenta gli esiti nella cronaca e propone alcune strategie operative per arginarla.

La decostruzione dell’identità maschile e femminile a vantaggio di una più fluida identità di genere auto-percepita è solo il primo passo di tale sistema ideologico; «i passaggi successivi prevedono sul piano culturale e politico giuridico il matrimonio gay, la legittimazione della omogenito­rialità ottenuta dal traffico di materiale genetico o per mezzo dell’utero in affitto e, infine, la definitiva cancellazione della famiglia naturale» come già accaduto negli altri Paesi ‘avanzati’. Il vero obiettivo dell’agenza Lgbt però consiste nel formare un’umanità «in cui non esista più nulla di dato, come il proprio sesso, il proprio nome, il proprio cognome, la propria identità e le proprie relazioni familiari, i propri genitori e i propri parenti, ma tutto diventi autoprodotto, fluido, instabile, oggetto di quotidia­no arbitrio».

Ripercorrendo l’iter dei diversi disegni di legge, da Scalfarotto a Zan, Pillon evidenzia la pretesa paradossale di «definire un reato sulla base di “omofobia e tran­sfobia”, il quale comporterebbe un’assoluta inconoscibilità della condotta, visto che la realizzazione o meno del­la fattispecie non dipenderebbe dalla condotta dell’a­gente ma dalla percezione della vittima». Riprendendo gli esperimenti sociali del Forteto e di Bibbiano, balzati all’orrore della cronaca giudiziaria, Pillon sottolinea il naufragio della demonizzazione ideologica della famiglia patriarcale di contro alla pretesa di affido a coppie omogenitoriali, la quale dimentica che il principio fondamentale alla base dell’istituto giuridico dell’adozione non è «dare figli a chi non ne ha, ma dare nuovamente mamme e papà ai bambini che, a causa di una disgrazia, ne sono rimasti privi».

Nell’enorme business delle banche del seme «il padre viene sostituito da una scatola di polistirolo, contenente liquido seminale congelato», per non parlare della violenza perpetrata sulla ‘madre surrogata’, nella quale ci si preoccupa di impiantare più embrioni, anche perché «visto che il suo patrimonio ge­netico non ha nulla in comune con quello del bam­bino che porta in grembo, i suoi anticorpi leggono l’intruso come un carcinoma e tentano di eliminarlo. Ecco perché le gestanti devono essere trattate con pesantissimi farmaci antirigetto di tipo chemiotera­pico per garantire che il bambino non sia abortito». Pillon auspica quindi «una moratoria inter­nazionale di questo moderno schiavismo, ma gli in­teressi in gioco sono ormai colossali e nessuno se la sente davvero di andar contro le potentissime fab­briche di bambini».

A partire dagli esperimen­ti del dottor Money relativi alle vicende di Bruce/Brenda/David Reimer e del fratello Brian conclusisi con due suicidi, l’autore passa in rassegna i principali teorici dell’ideologia gender formatisi nell’alveo del femminismo radicale e alla scuola del decostruzionismo, secondo i quali «i nostri corpi devono essere plasmati a piacimento, senza più obbedire agli stereotipi culturali che han­no costruito l’idea di maschile e l’idea di femminile solo per poter sottomettere le donne». Secondo la Butler il corpo dell’altro deve essere ‘distrutto’ nella misura in cui ostacola il desiderio spasmodico di libertà e autonomia di essere ciò che voglio. Agli antipodi di tale pensiero, stando alla realtà, sulla base delle sostanziali differenze biologiche tra maschi e femmine, «Giovannino Guareschi scriveva che la piena uguaglianza tra uomo e donna si raggiungerà quan­do negli ospedali oltre al reparto di “maternità” si avrà quello di “paternità”». Insomma da un lato si propaganda l’indifferentismo sessuale nel miraggio del genere neutro, dall’altro resiste un pensiero della differenza ancorato alla realtà. L’indifferentismo sessuale genera paradossi e ingiustizie; per esempio quando uomini in percorsi di transizione di genere gareggiano ‘alla pari’ in competizioni sportive femminili o quando il ‘self ID’ di uomini sedicenti donne consente loro di stare nei reparti carcerari femminili per mietere altre vittime, se si è stati magari già condannati per reati sessuali, come accaduto in California.

Rispetto alla disforia di genere nei bambini, sebbene lo stesso DSM-V rilevi come «il 98% dei maschi e l’88% delle femmine ‘gender confused’ in età adolescenziale, in epoca post-adolescenziale recupera la propria appartenenza sessuale biologi­ca», si sceglie di agire con triptorellina e ormoni del sesso opposto per favorirne la transizione. Eppure basti citare quanto accaduto alla giovane Keira Bell per smascherarne la menzogna. A 16 anni inizia il percorso di transizione di genere, poi però ci ripensa e vuole una detransizione. Le conseguenze «sono gravi: probabile infertilità, amputazione del seno, impossibilità di allattare, genitali atrofizzati, cambio della voce, peluria sul viso. Era compito dei profes­sionisti che si stavano occupando di me considera­re tutte le mie comorbilità invece di assecondarmi nella mia ingenua convinzione che per farmi sentire meglio sarebbero bastati gli ormoni e la chirurgia». È significativo in proposito anche la proposta dell’American College of Pediatricians di considerare simili trattamenti quali «abusi sui minori». Invece in Canada i genitori che contrastano la volontà dei figli di intraprendere tali percorsi rischiano la galera.

L’ideologia gender intende plagiare anche le giovani generazione attraverso un massiccio indottrinamento nelle scuole. Mette a tacere il dissenziente – sia egli dottore, scrittore, docente, avvocato, giudice, religioso o persino Ministro – con la gogna mediatica e, se occorre, secondo quanto sempre più frequentemente riporta la cronaca, con il processo e in alcuni casi addirittura l’arresto. Chi osa affermare che un figlio necessita di una mamma e di un papà o predica con le parole di san Paolo è tacciato di omofobia e incriminato, oppure si è licenziati se ci si rifiuta di indossare la maglietta arcobaleno, come accaduto a una barista di Starbucks.

Tale ideologia intende «cancellare l’identità sessuata e imporre una iden­tità fluida e indeterminata, vuol sostituire la famiglia con la solitudine, vuol cancellare la relazione coniugale e genitoriale con forme posticce e surrogate di relazione affettiva e vuole imporre tutto questo ai ra­gazzini­». Allora la strategia per «fermare le ideologie antiumane e la loro agenda distruttiva» se da un lato non agisce contro le persone, dall’altro non cede a «compromessi sui valori» e si premura di difendere con coraggio la vita umana, i diritti dei più piccoli e la libertà autentica, nella consapevolezza che la verità raccontata con umiltà «ha in sé la forza di farsi strada nei cuori delle persone che la odono», tanto più se di essa si è testimoni e «sentinelle negli ambiti della nostra vita».

Fonte: La Nuova Bussola Quotidiana

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