«La vita umana presenta inequivocabilmente le ferite della sofferenza e dell’insufficienza, le ferite del tradimento e della cattiveria…ma dentro questa ruvida greppia umana…Dio è nato e nasce ancora!» – scrive il cardinal Angelo Comastri, Vicario Generale di Sua Santità per la Città del Vaticano e Arciprete della Basilica Papale di San Pietro –, nel suo recente volume Tu scendi dalle stelle…ed è Natale! (San Paolo 2020, pp. 140), che raccoglie diverse meditazioni spirituali sul grande mistero dell’Incarnazione del Verbo nella storia e sul senso autentico del Natale stesso, soprattutto nel particolare momento storico che stiamo vivendo.

 Cristo è e rimane l’unica speranza viva per l’umanità sofferente, ieri come oggi. Un Re che ha sulle spalle il suo potere, come scrive il profeta Isaia. Allo stesso modo le mirabili profezie di Daniele e Zaccaria sulla venuta di un Messia umile, i canti del servo sofferente di Isaia e il Salmo 22 focalizzano soltanto alcuni aspetti salienti della figura di Cristo, in quanto – come ha acutamente osservato Dyson Hogue – «nella Bibbia noi abbiamo il più impressionante ritratto di un uomo perfettamente somigliante, realizzato non da uno, ma da venticinque artisti, nessuno dei quali aveva visto la persona che loro stavano dipingendo».

È necessario allora recuperare un senso di umile stupore dinanzi a tali parole di verità, scritte tanti secoli prima di Cristo eppure così incredibilmente rispondenti agli eventi concreti della sua vita, e in particolare al mistero della sua morte e resurrezione, e pertanto degne di fede. L’uomo contemporaneo si lascia invece più facilmente irretire da fiumi di parole vacue piuttosto che prestare l’orecchio alla Parola che salva; si lascia abbagliare dalle tante luci natalizie che scorge per le strade e non apre gli occhi alla Luce vera, perché «la montagna del nostro orgoglio non entra nell’angusto spazio della grotta».

Eppure basterebbe considerare i fatti storici. «Da questo Bambino – rileva il cardinale – è partita la più grande e benefica trasformazione dell’umanità: da questo Bambino è nata la civiltà dell’amore e del rispetto, mentre, ogni volta che ci si è allontanati da questo Bambino, è riemersa la barbarie del sopruso e del calpestamento della dignità umana. Come dovremmo commuoverci, intenerirci, sentirci inondati di gioia! Dio, l’infinito, si è fatto vicino e si è legato irreversibilmente a noi per puro amore, per irresistibile esplosione di bontà: questo fatto deve farci amare la vita e deve ricolmarci di ottimismo a tutta prova».

Da Paolo di Tarso a Madre Teresa di Calcutta i santi incarnano lo spirito autentico del Natale, che consiste proprio nell’«accorgersi di Gesù, accoglierlo nella vita e lasciar continuare in noi la novità della santità sbocciata, come un inatteso miracolo, nella povera mangiatoia di Betlemme». Una santità possibile che è la vocazione di tutti i battezzati e custodisce il segreto della vera gioia, che è «accogliere Dio, farGli spazio, cioè diventare la povera e umile mangiatoia di Betlemme, perché Dio nasce sempre e solo nella mangiatoia di Betlemme. Occorre pertanto togliere l’orgoglio dal cuore, eliminare l’egoismo, abbattere i muri dell’indifferenza e del rancore, affinché Gesù possa nascere in noi e diventare Lui la nostra gioia. È lo scopo del Natale che ritorna. Facciamo spazio a Gesù perché Gesù è Dio: l’unico capace di farci sorridere ancora! Sì, perché Dio è il proprietario esclusivo della gioia. Esclusivo! Ricordatelo».

La gioia cristiana è infatti seme e frutto di chi vive secondo la logica del dono. Lo evidenzia acutamente ancora l’Arciprete della Basilica Papale di San Pietro, quando sottolinea che «la gioia si trova percorrendo un altro itinerario: l’itinerario del dono di sé, l’itinerario che va dall’egoismo al servizio umile e generoso presso le tante grotte di Betlemme, che sono disseminate dovunque: anche accanto a noi! Non ci manca, infatti, qualcosa per essere felici: abbiamo, invece, qualcosa in più che ci pesa perché non l’abbiamo donata a Gesù, presente nella povera Betlemme, che è nel pianerottolo della nostra stessa casa».

A coloro che desiderano vivere il Natale con questo spirito in maniera concreta, il cardinal Comastri ricorda infine il significato degli stessi auguri che ci scambiamo reciprocamente in questi giorni: «Vi auguro di cuore: Buon Natale! Buon Natale vuol dire: se hai un po’ di orgoglio, buttalo via; e sarai tanto felice. Se hai un po’ di egoismo, mettilo sotto i piedi; e sperimenterai la gioia dell’amore che è esperienza di Dio. Buon Natale a tutti. Provate a uscire dall’egoismo e sentirete il canto degli angeli e proverete la gioia di Maria e di Giuseppe. Anche oggi, anche in questo momento!».

Fonte: LaNuovaBussolaQuotidiana

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