«La carriera alias è una cosa seria», ha affermato il consigliere regionale di Forza Italia Giulio Gallera durante una lunga discussione sul tema al Consiglio regionale della Lombardia conclusasi con la bocciatura della mozione sulla carriera alias presentata in aula da Fratelli d’Italia.

In 33 hanno infatti espresso voto contrario e 4 si sono astenuti; tra questi anche alcuni rappresentanti del centrodestra, sebbene la stessa abbia ricevuto 35 voti favorevoli. La mozione, portata avanti con tenacia innanzitutto dal suo primo firmatario, il consigliere Giacomo Zamperini, prevedeva un censimento delle scuole che applicano la carriera alias in Lombardia.

«La carriera alias può aiutare le persone a sentirsi accettate, bisogna tutelare chi vive un momento di sconvolgimento interiore e di transizione», ha aggiunto Gallera in una recente intervista rilasciata a Fanpage. «Dobbiamo insegnare ai nostri ragazzi a valutare e giudicare le persone che fanno parte della comunità per le loro qualità e talenti, non per il fatto che hanno un’idea politica diversa dalla tua o magari i capelli tinti di verde o le unghie smaltate. In questo senso, le istituzioni devono aiutare soprattutto le persone più fragili, quelle che sono in maggiore difficoltà a tirar fuori il proprio talento, quindi insegnare ad alcuni rispetto per tutti e consentire a ciascuno di potersi manifestare nel modo migliore», ha dichiarato ancora Gallera nell’intervista.

In queste parole il consigliere attribuisce però alla scuola un compito, il «valutarli per quello che hanno dentro e a sentirsi accettati», che compete specificamente allo psicoterapeuta, non certamente alle istituzioni scolastiche. In secondo luogo, desiderando accordare una «tutela di chi vive un periodo di sconvolgimento interiore» con l’immediato passaggio alla transizione sociale verso l’altro genere, dimentica un dato di realtà acclarato dalla psicologia e dalla sociologia, ossia che gli adolescenti cambiano idea costantemente. È noto infatti che durante l’adolescenza i ragazzi si pongano domande sulla propria identità, di significato rispetto al proprio esser nel mondo e al senso della propria esistenza. Dunque il travaglio interiore per la scoperta del proprio Sé autentico e dei propri talenti, indissolubilmente legato alla propria identità biologica, va esplorato e approfondito; non può e non deve risolversi in un assenso sbrigativo a una carriera alias che non ha tra l’altro alcun fondamento giuridico.

In sostanza, se da un lato il consigliere ribadisce l’esigenza di rispettare le persone e di non giudicarle a partire dalle apparenze – cosa assolutamente condivisibile da ogni persona di buon senso, compresi gli stessi firmatari della mozione –, dall’altro egli liquida semplicisticamente la questione, trascurando tutti quei giovani che si autopercepiscono in maniera egodistonica rispetto al proprio essere maschi e femmine e che, crescendo, cambiano idea e magari decidono poi di ritornare alla loro identità originaria. A tal proposito bisogna allora ribadire che la transizione sociale è il primo passaggio verso una transizione di genere che comporta pesanti danni e ricadute sotto il profilo ormonale, chirurgico e psicologico. Basti ricordare le drammatiche testimonianze sempre più frequenti di detransitioners, sempre più frequenti a livello internazionale, le quali consentono di constatare un altro dato incontrovertibile: solo sviluppando la propria identità fisica, psicologica e sociale in conformità a quella biologica il proprio Sé fiorisce e si compie in maniera autentica e si può essere veramente felici.

Fonte: ProVita e Famiglia

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