Rivoluzione, libertà, progresso e cambiamento sono le parole più abusate dall’ideologia sessantottina alle cui radici soggiace l’antica eresia gnostica. Quest’acuta intuizione di Emanuele Samek Lodovici è accompagnata da parole che si riveleranno profetiche nel constatare gli sviluppi di «una rivoluzione culturale nel senso ampio del termine cultura, perché tende a ricostruire un nuovo modo di vivere, di parlare e di comunicare, di essere genitori e di essere figli, di essere marito e di essere moglie, di essere uomo e di essere donna» oggi sotto gli occhi di tutti.

«Samek aveva chiaro che la conoscenza, staccandosi dai contesti vitali della tradizione, diventa un’istanza chiusa e disumanizzante e, nei suoi riflessi etici, può portare al trascolorare della libertà nel capriccio sregolato e maldestro. Pertanto, ne denunciava i sofismi e gli artifici retorici». Così scrive il professor Clemente Sparaco nel recente saggio La conoscenza che salva (Aracne 2023, pp. 476), nel quale indaga intorno alle radici gnostiche della società contemporanea. In questa prospettiva, infatti, la condizione umana è una ‘malattia’, in particolare per colpa del corpo, che è nefasto, perciò dalla condizione umana bisogna salvarsi; esiste un ‘sapere salvifico’ quale la dottrina transumanista e il sapere tecnoscientifico; questo sapere salvifico, tramite le tecnoscienze, presume di poter ricreare l’uomo, come osserva Giacomo Samek Lodovici nella prefazione a tale volume che prende le mosse proprio dagli studi teoretici del padre sulla Metamorfosi della gnosi.

E in effetti la gnosi, che rintraccia la salvezza nella conoscenza, non designa solo un antico movimento ereticale, ma un modello teologico con pesanti ricadute antropologiche. Lo hanno individuato e denunciato apertamente intellettuali acuti quali Samek e Del Noce, Voegelin e Ratzinger. A millantare una pretesa di autoliberazione analoga allo gnosticismo sono infatti non solo i movimenti di liberazione di massa, ma anche le ideologie contemporanee, dai diktat del gender ai dettami morali dello scientismo. D’altra parte «lo gnostico si ritiene della stessa sostanza del mondo divino, e come tale, capace in forza della sua originaria divinità di redimersi. Egli prova un disprezzo profondo per il diritto e per le forme istituzionali in generale e per la legge morale in particolare», ponendosi sempre «al di là del bene e del male», come osserva ancora Samek.

Tuttavia laddove la «gnosi antica ateizza il mondo (col negare la sua creazione da parte di Dio) in nome della trascendenza divina; quella postcristiana lo ateizza in nome di un immanentismo radicale». Per cui, considerando «il male conseguenza esclusiva della società, la politica sostituisce la religione nella liberazione dell’uomo». Diviene allora la rivoluzione, per dirla con il Pellicani, la «levatrice del Mondo nuovo». E in effetti «le ideologie, partite dalla determinazione di liberare l’uomo, hanno finito per istituire regimi totalitari e violenti che ne hanno conculcato le libertà fondamentali».

Lo gnosticismo, infatti, «disincarna la fede e la riduce a pura idea». Così Ratzinger individua un altro tratto peculiare di tale eresia, che si accompagna al rifiuto del limite e alla conseguente esaltazione della superbia, giustificata quale recupero di una dignità non riconosciuta. Demitizzazione della figura di Gesù e secolarizzazione in ambito religioso; manipolazione del linguaggio e culto dell’opinione in ambito culturale; rivoluzione sessuale, possibilità di procreare senza l’altro sesso e scelta del proprio ruolo di genere in ambito bioetico sono tappe imprescindibili da attraversare secondo il paradigma gnostico. Di qui mentre la femminista Butler osservava che «il corpo è una costruzione culturale e l’identità è il portato dell’esclusione sociale e della discriminazione», il dottor Money coi suoi esperimenti contribuiva ad affermare «un transumanesimo come condizione redenta dell’umanità in un paradiso in terra da realizzarsi su base transessuale».

Eppure il compimento di ogni rivoluzione coincide col suo suicidio: «Il mito rivoluzionario non è stato abbattuto, ma è imploso», divenendo un «esercizio puramente distruttivo dell’esistente senza prospettiva di cambiamento reale». Il comunismo, sconfitto sul piano della prassi, si è risolto nella «massima ingiustizia, massima illiberalità, massima miseria» (Messori). Infatti «la libertà per tutti si è rovesciata nel regime della massima oppressione». Così il comunismo ha provato a reinventarsi alleandosi con il neocapitalismo nel condividere l’abbattimento dei valori tradizionali. Ma se la storia, e Vico insegna, non è «un’incontrastata galoppata trionfale, quanto piuttosto un ritornare sui propri errori, per dover ricominciare daccapo», più che agire sulle contingenze esterne attendendo una redenzione da chi non può offrirla, si tratta allora di guardare al cuore dell’uomo considerandone parimenti il peccato e la necessità dell’ausilio della grazia divina. In effetti «il cielo vuoto non è stato riempito dalla grandezza dell’uomo, ma dalla sua follia, dal suo orgoglio, dalla sua sete sanguinaria» (Tamaro); dal nichilismo, dallo scientismo, da un’autodeterminazione autoreferenziale e dall’onnipervasività di «una ragione digitale che tende a soppiantare la ragione integrale, spazzando via il mondo reale e il senso comune».

Per arginare tale deriva conoscitiva ed etica occorre liberarsi «dalla presunzione progressista di essere i primi, pur essendo arrivati ultimi» (Samek) e recuperare la possibilità che «ragione e fede si ritrovino unite in un modo nuovo; se superiamo la limitazione autodecretata della ragione a ciò che è verificabile nell’esperimento e dischiudiamo ad essa nuovamente tutta la sua ampiezza» (Ratzinger). In sostanza, poiché il cambiamento non è buono in se stesso, la storia non salva se stessa né la conoscenza salva, è opportuno tornare a una conoscenza umile e vera della realtà mediante una ragione aperta alla fede e adorare in special modo l’Eucarestia, in cui «la conoscenza che salva si fa mistero di salvezza».

Fonte: La Nuova Bussola Quotidiana

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