«No! Nessuno può uccidere i bambini!». Questo ha il coraggio di affermare con forza dinanzi al medico nazista Stanisława Leszczyńska, coraggiosa ostetrica ad Auschwitz, in un campo di sterminio in cui morirono, stando alle stime degli storici, circa 200.000 bambini.

Nata nel 1896 a Lodz in Polonia, moglie di un tipografo dal quale ha quattro figli, lavora come levatrice. Con l’emanazione delle leggi razziali si adopera in prima persona per supportare gli ebrei contro le iniquità del regime. Di qui viene arrestata dalla Gestapo insieme alla figlia e internata nel campo di lavoro di Auschwitz-Birkenau, mentre gli altri due figli vengono deportati a Mauthausen. Nel campo di Auschwitz riceve dal famigerato dottor Mengele l’ordine di trattare i neonati come già morti. Ma Stanisława si oppone con tutte le sue forze a tale crimine, supportando con competenza e magnanimità le tante mamme durante il parto affinché i loro figli possano nascere. Contribuisce così in maniera decisiva a far venire alla luce 3.000 bimbi in un periodo storico in cui il rischio per madre e figlio di morire a seguito delle complicanze legate al parto era elevatissimo, a maggior ragione date le scarse condizioni igieniche e di salute in cui vessavano gli internati nel campo di concentramento. Di bimbi però purtroppo, racconta la levatrice santa, alla fine «nel campo ne sono sopravvissuti solo una trentina. Diverse centinaia di bambini furono portati a Nakło per privare loro della nazionalità, oltre 1.500 furono annegati da due infermiere tedesche Klara e Pfani e più di 1.000 bambini sono morti di fame e di freddo». D’altra parte, scrive nel suo Rapporto di un’ostetrica ad Auschwitz, «fino al maggio 1943, i bambini nati nel campo furono uccisi crudelmente: venivano annegati in un barile pieno d’acqua».

Soprannominata dagli internati ‘la madre’ e ‘l’angelo della bontà’, si adopera in condizioni estreme per farsi prossimo di mamme e figli neonati, senza mai perdersi d’animo davanti alle difficoltà. Anche all’indomani dello smantellamento del campo di sterminio si premura di continuare a offrire con amore assistenza e supporto alle madri che hanno appena partorito e di non lasciarle sole, cosa che continuerà a fare anche in tempi di pace una volta rientrata nella sua città natale.

Un esempio ancora estremamente attuale, quello di Stanisława, se consideriamo che già decenni fa – e in tempi molto bui come quelli del nazismo – si prodigò e cercò di far comprendere quanto fosse importante tutelare e salvaguardare la dignità di ogni essere umano e i suoi diritti sin dal concepimento, sin dal grembo materno. Proprio come ora si sta cercando di fare, nuovamente, in molte democrazie Occidentali e come la stessa Pro Vita & Famiglia cerca di fare per far approvare una legge sul riconoscimento giuridico del concepito da parte del Parlamento italiano.

Stanisława fu dunque una strenua paladina del diritto alla vita contro la ‘cultura della morte’ eugenetica dei nazisti e la sua testimonianza luminosa rimane ancora oggi esemplare, cosa che tra l’altro le viene da subito riconosciuta allorquando, dopo la sua morte avvenuta l’11 marzo 1974, infermiere e ostetriche polacche la invocano quale patrona del loro prezioso lavoro. Donna di grande fede, è morta infatti in odore di santità. Al di là della sua carità operosa, Stanisława era solita invocare spesso la protezione della Madre di Dio e fare un segno di croce sulla partoriente e sul neonato prima di battezzarlo subito con acqua. Già Serva di Dio, si è da poco conclusa con esito positivo la fase diocesana del processo di beatificazione, per cui si auspica possa presto essere innalzata agli onori degli altari.

Fonte: ProVita e Famiglia

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