«Una delle novità del terzo millennio saranno le famiglie sante», affermò il Santo Padre Giovanni Paolo II. La vocazione universale alla santità, di cui parlano i documenti del Concilio Vaticano II, non riguarda più soltanto preti e suore, religiosi e consacrate, o comunque singoli fedeli, ma passa anche attraverso l’amore coniugale. È quanto testimoniano gli sposi Beltrame Quattrocchi, i primi a essere canonizzati proprio in quanto coniugi.

«I coniugi si fanno santi insieme, in quanto marito e in quanto moglie». Così Mons. Giuseppe Mani, Arcivescovo Emerito di Cagliari e promotore della causa di beatificazione dei coniugi Beltrame Quattrocchi, ha introdotto la storia della prima famiglia canonizzata in un incontro a Salerno promosso dall’Associazione Dives in Misericordia.

Luigi Beltrame nacque il 12 gennaio 1880 a Catania. Fu cresciuto da uno zio che non aveva figli, dal quale assunse anche il cognome Quattrocchi. Maria Corsini, più giovane di Luigi di quattro anni, nacque invece a Firenze il 24 giugno 1884. I due si conobbero a Roma. Luigi studiò giurisprudenza, divenne un brillante avvocato e fece carriera all’interno dell’Avvocatura dello Stato. Maria fu iscritta all’Istituto Femminile di Commercio per Direttrici e Contabili, ma il suo interesse si rivolse prevalentemente all’approfondimento delle materie letterarie e della pedagogia, confluendo nella pubblicazione di diversi saggi. I due si fidanzarono nel marzo 1905 e il 25 novembre di quello stesso anno celebrarono a Roma il loro matrimonio nella Basilica di Santa Maria Maggiore. Oltre a compiere con profonda dedizione i doveri legati alla propria professione, Luigi s’impegnò nel laicato cattolico in particolare tra le fila dell’Associazione Scoutistica Cattolica Italiana. Fu poi fondatore di un gruppo del Movimento di Rinascita Cristiana e barelliere nell’Unitalsi. Sua moglie si preoccupò invece soprattutto di educare alla fede le giovani della sua parrocchia e di assistere, in qualità di crocerossina, i soldati feriti e i malati. Come il marito, Maria fu molto attiva nell’apostolato, soprattutto nel Movimento Fronte della Famiglia.

L’unione dei coniugi Beltrame Quattrocchi fu benedetta da Dio con la nascita di quattro figli. «Luigi e Maria – prosegue Mons. Mani – costituirono una famiglia aperta a Dio e agli altri senza operare niente di straordinario di ciò che siamo abituati a cercare nei santi». Essi adempirono semplicemente con costanza alla propria missione di sposi e di genitori, rispettivamente di padre e di madre, ma soprattutto radicarono il loro amore nel terreno dell’Amore, irrigandolo quotidianamente con la preghiera comune del Rosario e della Santa Messa. Questo nella salute e nella malattia, nella buona e nella cattiva sorte. Non mancò infatti nella loro vita coniugale il tempo della prova, soprattutto in occasione della quarta gravidanza di Maria. Secondo il ginecologo presso il quale era in cura, ella avrebbe dovuto abortire la figlia, altrimenti avrebbe rischiato la propria stessa vita. Ma Maria non si lasciò intimorire dall’infausta prognosi del medico, anzi alimentò la sua fiducia nella Provvidenza divina. E non rimase delusa. Enrichetta nacque sì all’ottavo mese, ma senza che sua madre subisse quelle temibili conseguenze che le erano state preannunciate. L’orientare a Dio il proprio tempo, nel lavoro come nella carità operosa, consentì a Maria e Luigi di crescere nell’amore vicendevole e nello stesso tempo contribuì alla maturazione della fede dei figli sino alla scelta definitiva di tutti e quattro di offrirsi totalmente al Signore nella vita consacrata.

«La straordinarietà della loro santità è nell’ordinario. Quella vissuta dai coniugi Beltrame Quattrocchi – insiste l’Arcivescovo Emerito di Cagliari – è infatti la ‘santità media’ di cui parla Papa Francesco, quella possibile a tutti, poiché si adatta a tutte le situazioni umane e condizioni di vita».

Sebbene conclusero la propria vita terrena l’uno nel 1951 e l’altra nel 1965, la loro memoria liturgica non fu stabilita nel giorno della loro morte, bensì in quello delle nozze, a testimonianza del fatto che la fonte della loro santità è l’amore di Dio vissuto nel matrimonio. Un matrimonio che non durò un giorno, il tempo della celebrazione e dei festeggiamenti, ma che si abbeverò costantemente alla fonte inesauribile dell’Amore, perenne novità capace di scongiurare ogni noia e stanchezza.

«Attingendo alla parola di Dio ed alla testimonianza dei Santi, i beati Sposi hanno vissuto una vita ordinaria in modo straordinario. Tra le gioie e le preoccupazioni di una famiglia normale, hanno saputo realizzare un’esistenza straordinariamente ricca di spiritualità. Al centro, l’Eucaristia quotidiana, a cui si aggiungevano la devozione filiale alla Vergine Maria, invocata con il Rosario recitato ogni sera, ed il riferimento a saggi consiglieri spirituali (…). Care famiglie, oggi abbiamo una singolare conferma che il cammino di santità compiuto insieme, come coppia, è possibile, è bello, è straordinariamente fecondo ed è fondamentale per il bene della famiglia, della Chiesa e della società. Questo sollecita ad invocare il Signore, perché siano sempre più numerose le coppie di sposi in grado di far trasparire, nella santità della loro vita, il ‘mistero grande’ dell’amore coniugale, che trae origine dalla creazione e si compie nell’unione di Cristo con la Chiesa (cf. Ef 5, 22-33)». Così si espresse Giovanni Paolo II, in occasione della loro beatificazione, il 21 ottobre del 2001.

Modellata sulla straordinaria ordinarietà della Santa Famiglia di Nazaret, la testimonianza di vita familiare dei beati coniugi Beltrame Quattrocchi, i cui corpi riposano nella cripta dell’Antico Santuario del Divino Amore a Roma, conduce Mons. Giuseppe Nasi a constatare infine che la sfida per l’uomo contemporaneo è proprio la fedeltà assoluta all’amore coniugale; «la grande sfida d’oggi è arrivare insieme alla santità. Questo è possibile perché la famiglia produce più amore di quanto ne consuma».

Fonte: LaCroceQuotidiano

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