Cristo ascende al cielo e custodisce tra le braccia l’anima bambina di sua Madre. È quanto raffigura in uno splendido mosaico Jacopo Torriti a Santa Maria Maggiore ad attrarre lo sguardo del Dante pellegrino a Roma per il giubileo del 1300. Tale capolavoro potrebbe avergli ispirato l’incipit della preghiera alla Vergine che egli pone sulle labbra di San Bernardo nel XXXIII canto del Paradiso.

Dante, Jacopone da Todi, Pascoli, Garcia Lorca, Hesse, Péguy, Testori – insieme a Giotto, Beato Angelico, Raffaello, Bellini, El Greco, Chagall raccontano la bellezza di Maria nell’arte in Figlia del tuo figlio (Mimep-Docete, pp. 358). Nel volume curato da Alfredo Tradigo, mediante parole e capolavori artistici celebri e meno noti, viene ripercorsa la storia della Vergine a partire dalle donne dell’Antico Testamento che l’hanno prefigurata, quali Eva, Sara, Giuditta fino a sua madre sant’Anna. C’è poi una ricca rassegna dei momenti salienti della sua vita, dall’infanzia al matrimonio con Giuseppe; dalla nascita di Gesù alla sua presenza sotto la croce sul Calvario; dall’Ascensione alla Pentecoste, dalla Dormitio Virginis alla sua Incoronazione al cielo come Regina dell’universo.

«Il volume rincorre l’ansia di “vedere” l’Atteso delle genti, di non perderlo di vista, come fece Maria sua madre, neppure per un istante, custodendo soprattutto il desiderio di fissare, finalmente, lo sguardo su di Lui: Gesù, autore e perfezionatore della fede. L’infanzia del Salvatore, i ritratti della Sacra Famiglia ci accompagnano dentro gli eventi della vita pubblica del Cristo, dalle nozze di Cana fino a quelli drammatici della Passione». Di qui nella Vergine Addolorata di Giovanni Bellini «Lei era diventata brutta. Lei, la più grande beltà del mondo. La rosa mistica. La torre d’avorio. La regina di beltà. In tre giorni era diventata spaventosa», scrive nella prefazione al volume suor Maria Gloria Riva in riferimento al ritratto dolente della Madre ai piedi della croce.

«Poiché doveva avvenire che la Vergine Madre di Dio nascesse da Anna, la natura non osò precedere il germe della grazia. O felice coppia, Gioacchino ed Anna, a voi è debitrice ogni creatura». Queste parole di San Giovanni Damasceno accompagnano un’icona russa che pone «a tema l’immagine intima e familiare di una mamma che affida alle braccia del marito la sua creatura. Sono le coccole di una mamma e di un papà che tanto hanno atteso questa Bambina che diventerà la Madre di Dio».

Nella sua versione dello Sposalizio della Vergine Bernardino Luini dipinge invece Giuseppe «con una veste azzurra e un mantello giallo oro, gli stessi colori utilizzati dalla Vergine Maria. La Madonna inoltre porta una fascia rossa intorno alla vita, segno della sua gravidanza. Due gruppi partecipano alla festa. I pretendenti della sposa sono undici giovani che sono stati rifiutati dal sacerdote perché durante la preghiera i loro ramoscelli non sono fioriti. Essi commentano l’accaduto e uno di loro spezza con rabbia il suo ramo secco. Più partecipe al matrimonio il gruppo delle compagne di Maria, forse le stesse vergini che qualche anno prima l’hanno accompagnata al Tempio». Quest’immagine è corredata da una significativa e poetica citazione del francese Patrice de la Tour Du Pin: «Piccola vergine fidanzata del tempo che fu, ma che Dio prese per sposarla, noi i viventi di questo vecchio tempo ti chiediamo semplicemente di dire allo Spirito che ti amò di prenderci in sposi come te».

Tra le opere meno note riprese spicca ancora il particolare di un capitello con l’Annunciazione del Monastero di San Maurizio a Milano: «Nel silenzio la pietra di questo capitello ha parlato per secoli alle monache che ogni giorno recitavano l’Angelus e rinnovavano il dono della loro chiamata: “Rallegrati, il Signore è con te”. Canto della pietra che vive nei cuori».

 La gioia che le preannuncia l’arcangelo diventa piena una volta che la Madre incontra il Figlio risorto. È la gioia di una comunione piena con Gesù, di cui Maria intende render partecipe ogni uomo. Ecco perché la Vergine è raffigurata quale faro luminoso di sicura speranza, come emerge dalla Madonna di Port Ligat di Salvador Dalì – opera nella quale la Musa ispiratrice dell’artista è sua moglie Gala, che presta corpo e volto alla Vergine Madre – accostata a una splendida lirica che si fa invocazione di Giorgio Caproni: «La vedevo alta sul mare / altissima bella / all’infinito bella / più d’ogni altra stella / bianchissima…/ ne ignoravo il nome / il mare mi suggeriva / Maria / era ormai la mia / sola stella, / nel vago della notte, / io disperso / mi sorprendevo / a pregare».

Fonte: Il Timone

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